Riassumendo

L’art. 5 bis del Decreto Legge 11 luglio 1992, n. 333 (convertito in legge n. 359 dell’8 agosto 1992), ha stabilito, a modo suo, come determinare l’indennità di espropriazione, fin quando -a un certo punto- è scoppiato il finimondo: dapprima è stato abrogato (dall’articolo 58, comma 1, numero 133, del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325), e poi è stato pure dichiarato incostituzionale (con sentenza n. 348 del 24 ottobre 2007).
 
Successivamente, è intervenuta anche la Corte di Cassazione (sentenza n. 25622 del 23 ottobre 2008), la quale ha ritenuto opportuno precisare che la suddetta dichiarazione di illegittimità incostituzionale ha implicitamente resuscitato la previgente disciplina in tema di indennità di espropriazione, ossia la Legge 25 giugno 1865, n. 2359.
 
Fatto sta che tale legge del 1865 è abrogata, e per ben due volte (repetita juvant), sia dall’articolo 58 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, sia dall’articolo 24 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, con decorrenza dal 30 giugno 2003.
 
Riassumendo:
può accadere che, dopo l’abrogazione di una norma poi dichiarata pure incostituzionale, la previgente disciplina ante-repubblicana resusciti, ma non del tutto, perché nel frattempo abrogata un paio di volte almeno.

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