La Corte Europea dir. uomo (e.g. 21 febbraio 1984, Öztürk c. Germania), tuttavia, ha ribadito che “non esiste una barriera impenetrabile tra il diritto penale tedesco ed il diritto delle «contravvenzioni amministrative», segnatamente in caso di connessione” e che “le indicazioni fornite dal diritto interno dello Stato convenuto hanno solo un valore relativo”; inoltre, avuto riguardo alla “natura punitiva che generalmente caratterizza le sanzioni penali”, quando “la norma non si rivolge ad un gruppo determinato a statuto particolare alla maniera, per esempio, del diritto disciplinare , bensì a tutti i cittadini nella loro qualità di utenti della strada; prescrive loro un certo comportamento e associa a tale richiesta una sanzione punitiva” appare chiaro “il carattere generale della norma ed il fine, sia preventivo che repressivo, della sanzione”, i quali “sono sufficienti per provare, con riferimento all’art. 6 della Convenzione, la natura penale della violazione oggetto della controversia”. Pertanto, anche la sanzione qualificata come amministrativa – indipendentemente dalla denominazione attribuitale dallo Stato – rientra nell’ambito applicativo dell’art. 6 CEDU.
Da ciò discende che, a maggior ragione, allorché il fatto sia considerato reato dalla stessa normativa interna, non si possa escludere che il relativo procedimento debba conformarsi al predetto art. 6 CEDU.
Orbene, quando la normativa processuale nazionale consenta di definire il procedimento penale attraverso l’accordo sulla pena, quest’ultima dev’essere considerata nel suo complesso, senza poter differenziare in base alla qualifica formale, che la legge attribuisce alla stessa (sanzione penale o sanzione amministrativa); d’altra parte, sarebbe irragionevole ritenere che, un medesimo fatto, allorché sia pacifico che ricada sotto l’usbergo dell’art. 6 CEDU, sia poi trattato, ai fini dell’applicazione della sanzione (che è uno degli esiti necessitati del procedimento), in maniera differente, a discrezione del legislatore nazionale, su una semplice base nominalistica.
Pertanto, non potendo escludersi l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie previste ex lege, in ragione del dato testuale dell’art. 445, co. 1 c.p.p., che rinvia inequivocabilmente alle pene accessorie previste dall’art. 19 c.p., si deve ritenere che l’oggetto del patteggiamento non sia soltanto la pena principale, ma anche la sanzione accessoria amministrativa, conseguente ex lege, la quale è parte integrante della pena complessiva, esito del procedimento.
Dunque, quando la sanzione amministrativa accessoria sia compresa tra un minimo ed un massimo edittale (e.g., sospensione della patente di guida da 6 mesi ad un anno), anche quest’ultima dovrebbe rientrare nell’accordo ex art. 444 c.p.p. sulla pena da infliggere.
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