«Come confermano i più recenti studi, quella dell’ancoraggio è una fallacia di tipo psicologico, principalmente dovuta a conservatorismo se non a vera e propria pigrizia mentale, ed in particolare vi incorre chi, dopo essersi fatto una prima seppur sommaria impressione/opinione, a quella rimane per l’appunto ancorato, arrivando a modificarla solo a fronte di un numero di ragioni esagerato o comunque maggiore di quello che sarebbe stato necessario se non ci fosse stata quell’ancora.
In buona sostanza, il successivo (e magari definitivo) giudizio viene in tal caso condizionato dal precedente, ancorché superficiale, sommario o provvisorio, che viene mutato «solo se necessario», finendo così per essere reiterato ad oltranza per una sorta di inerzia.
In ambito processuale, tale particolare fallacia può ad esempio inficiare la decisione finale sull’an, dopo che si sia ammessa ed esperita una lunga istruttoria sul quantum; la sentenza sulla fondatezza dell’opposizione a decreto ingiuntivo, dopo che sia stata concessa con ordinanza la provvisoria esecutorietà in corso di causa; lo stesso giudizio d’appello, in cui la decisione impugnata venga modificata solo se contenga errori tali che non si possa fare a meno di emendare.»
Le tecniche argomentative dell’avvocato, pagg. 82-83.
(ISBN: 978-1-4461-7204-9)
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