Pur dopo le recenti semplificazioni ad opera del c.d. “Decreto Bersani” (D.L. n. 223/2006, conv. con modif. in L. n. 248/2006), la disciplina del commercio credo sia ancora l’esempio paradigmatico (e, purtroppo, neppure l’unico) della straordinaria ipertrofia legislativa del ns. Ordinamento statale, cui si aggiunge – in una sorta di delega cumulativa – tutta la normativa regionale di settore.
Specifiche e dettagliate normative – centrali e periferiche – disciplinano quindi la materia del commercio con impressionante precisione, anche – perché non ci facciamo mancare niente – in base al particolare tipo di bene che si intenda in concreto commerciare.
Così, disposizioni particolari sono dettate per la vendita di carni fresche e congelate, altre per quella degli alimenti surgelati, altre ancora per la vendita del latte, altre per quella del pane, altre ancora per la vendita di piante e semi, altre per la vendita di opere d’arte e di oggetti di antichità, non mancano ovviamente quelle che disciplinano la vendita di cose usate, così come quelle che regolamentano la vendita di giornali e riviste, quelle che riguardano la vendita di tartufi o quella di funghi, o la vendita di metalli ed oggetti preziosi, nonché – quasi a ricordare che tutto, piaccia o no, ha una fine – la vendita di articoli funerari.
L’elenco, ovviamente, è molto più lungo, ma nessuno sa con precisione di quanto.
Per un’idea, può essere magari utile consultare il bel libro del paziente Enrico Maggiora, o anche solo il suo indice.
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