§ 1. La pensione di reversibilità.
§ 2. L’assegno a carico dell’eredità.
§ 3. La percentuale sul t.f.r.
§ 4. L’assistenza sanitaria.
§ 1. La pensione di reversibilità.
Secondo il novellato art. 9 L. 898/1970, in caso di morte del divorziato, l’ex coniuge ha diritto alla pensione di reversibilità[1], alle seguenti condizioni: 1) che non sia passato a nuove nozze; 2) che l’ex coniuge defunto fosse obbligato alla somministrazione dell’assegno periodico ex art. 5 l. div. [2]; 3) che il trattamento pensionistico fosse anteriore alla sentenza di divorzio.
Si noti però che, ove l’ex coniuge defunto fosse passato a nuove nozze ed il “nuovo” coniuge superstite avesse a sua volta i requisiti per la pensione di reversibilità, il “vecchio” ex coniuge superstite avrebbe diritto soltanto ad una quota della pensione di reversibilità “tenendo conto della durata del rapporto”. Con riferimento a tale espressione non sono ovviamente mancati contrasti interpretativi, a) sia relativamente al tempo cui si deve aver riguardo per il calcolo della durata del rapporto, b) sia con riferimento alla rilevanza del criterio medesimo.
Sub a), la Corte d’Appello di Genova, con pronuncia del 17 settembre 1999, ha dubitato della legittimità costituzionale della norma in esame, nella parte in cui non esclude dal computo della durata del rapporto matrimoniale il periodo di separazione personale e non include invece il periodo di convivenza more uxorio, precedente la celebrazione del secondo matrimonio. Ma, quasi contestualmente, la Suprema Corte ha invece statuito che “non possono assumere rilevanza in pregiudizio del coniuge divorziato, l’eventuale cessazione della convivenza matrimoniale ancor prima della pronuncia di divorzio, e in favore del coniuge superstite l’eventuale periodo di convivenza more uxorio con il coniuge deceduto che abbia preceduto la stipulazione del nuovo matrimonio”[3]. Secondo tale ultima interpretazione, quindi, deve aversi riguardo alla c.d. “anzianità matrimoniale”, cioè alla durata legale del matrimonio[4].
Sub b), si rileva che, nonostante la giurisprudenza di merito e legittimità ritenesse che la ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge superstite e quello divorziato costituisse una mera operazione matematica: “proprio periodo di matrimonio diviso la somma dei due periodi di matrimonio”[5], la Corte Costituzionale si è invece pronunciata nel senso che il criterio della durata non costituisce l’unico parametro cui il giudice deve far riferimento per la ripartizione della pensione di reversibilità fra coniuge ed ex coniuge (se entrambi vi abbiano diritto), poiché “l’art. 9 l. 898/1970 non impone una ripartizione in base ad un imprescindibile ed esclusivo criterio matematico, ma consente, secondo interpretazione conforme a costituzione, che il tribunale valuti anche circostanze ulteriori analoghe a quelle da considerare per definire i rapporti patrimoniali fra i coniugi divorziati; così intesa, la norma non contrasta con gli artt. 3 e 38 Cost.”[6].
§ 2. L’assegno a carico dell’eredità.
Altra disposizione di rilievo è quella contenuta nell’art. 9 bis L. 898/1970, secondo cui, in caso di decesso dell’ex coniuge divorziato, il Tribunale può attribuire all’altro un assegno periodico a carico dell’eredità.
Tale attribuzione è tuttavia subordinata alla condizione che l’ex coniuge superstite avesse precedentemente diritto all’assegno di mantenimento ex art. 5 Legge divorzio e che versi in attuale stato di bisogno[7].
L’entità dell’assegno periodico[8] è stabilito tenendo conto dell’importo dell’assegno ex art. 5 l. div., dell’entità del bisogno, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche.
Il diritto all’assegno gravante sull’eredità, infine, non spetta se l’assegno di mantenimento ex art. 5 l. div. sia stato corrisposto in unica soluzione, e si estingue se il beneficiario passi a nuove nozze o se venga meno il suo stato di bisogno. In quest’ultimo caso, tuttavia, qualora risorga lo stato di bisogno, l’assegno può essere nuovamente attribuito[9].
§ 3. La percentuale sul t.f.r.
Altra disposizione a favore del divorziato superstite si rinviene nell’art. 12 bis l. div., secondo cui l’ex coniuge divorziato ha diritto ad una percentuale del t.f.r. percepita dall’ex coniuge defunto.
Tale corresponsione è però subordinata alla condizione che il beneficiario non sia passato a nuove nozze e che ad esso fosse attribuito l’assegno di mantenimento ex art. 5 l. div.
La percentuale da corrispondere è del 40% del t.f.r. riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio[10] [11].
§ 4. L’assistenza sanitaria.
La legge n. 436/1978, infine, ha introdotto una speciale[12] figura di vocazione legale a favore dell’ex coniuge, il cui vincolo con il defunto sia stato sciolto da una sentenza di divorzio.
L’art. 1 della legge citata, infatti, dispone che “al coniuge, al quale non spetti l’assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell’ente mutualistico da cui sia assistito l’altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa ad altre nozze”.
Secondo la giurisprudenza, tale disposizione non riguarda la disciplina dei rapporti tra coniugi divorziati, ma costituisce integrazione e modificazione della disciplina previdenziale destinata a regolare i rapporti fra coniuge divorziato ed ente mutualistico, il quale ultimo, pertanto è il solo passivamente legittimato rispetto a qualsiasi domanda formulata a tal titolo dal coniuge stesso[13].
NOTE:
[1] Per i requisiti richiesti al fine dell’ottenimento della pensione di reversibilità, v. art. 81 D.P.R. n. 1092/1973.
[2] Secondo Cass. 8 maggio 1982 n. 2858, “con la possibilità d’attribuire al coniuge divorzato del coniuge defunto una quota della pensione di reversibilità (o un assegno alimentare a carico dell’eredità ex art. 9 bis) non si è attuato alcun trasferimento sul coniuge superstite (o sugli eredi del defunto) dell’obbligo che fosse stato imposto all’ex coniuge defunto di corrispondere l’assegno di divorzio, ma si sono costituiti a favore dell’ex coniuge superstite e divorziato nuovi ed autonomi diritti, nascenti dalla cessazione e dall’estinzione del diritto, di carattere prettamente personale, all’assegno di divorzio, sulla base di presupposti e di condizioni non coincidenti con quelli che giustificavano quest’ultimo”.
[3] Cass. 12 luglio 1999 n. 7329.
[4] V., in giurisprudenza, Cass. SS. UU., 12 gennaio 1998 n. 158 e, in dottrina, Quadri, Le persistenti incertezze in tema di attribuzione pensionistica al divorziato.
[5] Cfr.. Cass. 13 giugno 1998 n. 5926 e Cass., Sez. Unite, 12 gennaio 1998 n. 159, con nota favorevole di Grazia Matteo.
[6] Corte Cost. 4 novembre 1999 n. 419.
[7] Su tale requisito v. Cass. 17 luglio 1992 n. 8687.
[8] Secondo l’ultimo comma della disposizione in esame, la corresponsione dell’assegno a carico dell’eredità può avvenire in unica soluzione.
[9] Si noti che il giudizio sul riconoscimento al coniuge divorziato superstite dell’assegno nei riguardi degli eredi dell’altro coniuge ha natura contenziosa e deve essere definito con sentenza: cfr. Corte Appello Milano 28 marzo 1988.
[10] Secondo Corte Appello Cagliari 9 febbraio 1998, però, il diritto del coniuge divorziato ad una quota di t.f.r. deve commisurarsi non alla durata del vincolo matrimoniale ma al periodo di effettiva convivenza matrimoniale tra i coniugi. Inol
tre, si ritiene che il diritto alla quota sorge solo se l’indennità spettante all’altro coniuge matura al momento della proposizione della domanda introduttiva del giudizio di divorzio o successivamente ad essa: v. Cass. 7 giugno 1999 n. 5553.
[11] Merita interesse, infine, quella giurisprudenza, secondo cui il coniuge separato non ha diritto alla corresponsione di una quota di t.f.r., ove il lavoro dell’altro coniuge sia cessato dopo lo scioglimento del regime di comunione legale, vale a dire dopo la separazione personale pregressa: v. Corte Appello Milano 4 aprile 1997.
[12] Il carattere “speciale” di tale successione deriva dal fatto che essa riguarda una persona non legata al defunto da un vincolo familiare attuale. Cfr. Cattaneo, La vocazione necessaria e la vocazione legittima, in Trattato di diritto privato, Successione, Vol. II, pag. 432, a cura di P. Rescigno, II edizione.
[13] Cfr., per tutte, Cass. 22 maggio 1993 n. 5793.
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