a cura dell’Avv.Gianfranco Romano
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L’art.39 comma 12 del decreto legge n.98 del 6 luglio 2011 -convertito dalla legge n.111 del 15 luglio 2011- prevede la possibilità di definire le liti fiscali di valore non superiore a ventimila euro in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 1° maggio 2011. […]
Requisito è che le liti siano pendenti dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio (anche a seguito di rinvio).
La nozione di lite pendente è ricavabile dall’art.16 della legge n.289/2002, cui l’art.39 fa rinvio per quanto non specificamente disciplinato dall’art.39 medesimo.
Si intende per lite pendente quella in relazione alla quale sia stato proposto l’atto introduttivo del giudizio, anche se dichiarato inammissibile, purché la pronuncia non sia già passata in giudicato.
La lite deve avere ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione.
E’ quindi da escludere che siano definibili le impugnazioni riguardanti il fermo amministrativo e l’ipoteca.
Di massima l’impugnazione della cartella di pagamento (così come l’ingiunzione fiscale) non è suscettibile di definizione in quanto non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, ma un atto meramente liquidatorio di una pretesa fiscale ormai definitiva (si veda Cassazione civile, sezione tributaria, 6 settembre 2006, n. 19204).
D’altro canto, la giurisprudenza formatasi sul precedente condono ha chiarito che costituisce lite suscettibile di definizione e può quindi giovarsi della sospensione dei termini processuali di cui al condono medesimo la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della cartella esattoriale notificata a seguito di iscrizione a ruolo straordinario, cioè in relazione alle somme dovute a titolo provvisorio quando l’avviso di accertamento presupposto sia stato impugnato e sia pertanto ancora sub iudice (così Cassazione civile, sezione tributaria 31 marzo 2011, n. 7399).
Incerta invece la giurisprudenza in merito alle cartelle di pagamento non precedute da avvisi di accertamento.
Da un lato si è affermato che è definibile la cartella di pagamento, con cui l’Amministrazione liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, in quanto, essendo l’unico atto portato a sua conoscenza con cui si rende nota la pretesa fiscale, e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale ed ha, quindi, natura di atto impositivo. (Cassazione civile sezione tributaria 2 luglio 2009, n. 15548).
Più di recente, tuttavia, si è invece affermato che non sono condonabili le cartelle di pagamento di pagamento costituenti mera liquidazione di quanto dichiarato dal contribuente (Cassazione civile sezione tributaria, 29 aprile 2011, n. 9545).
Legittimato a chiedere la definizione è il soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio.
Tuttavia, il condono spiega effetti anche nei confronti dei coobbligati non ricorrenti o la cui lite non sia più pendente.
Le somme dovute.
Per la determinazione delle somme dovute ai fini del perfezionamento del condono, si fa rinvio all’articolo 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
I ricorsi possono essere definiti con il pagamento delle seguenti somme:
a) se il valore della lite è di importo fino a 2.000 euro: 150 euro;
b) se il valore della lite è di importo superiore a 2.000 euro:
1) il 10 per cento del valore della lite in caso di soccombenza dell’Amministrazione finanziaria dello Stato in primo grado o in appello (o comunque nell’ultima pronuncia giurisdizionale non cautelare resa);
2) il 50 per cento del valore della lite, in caso di soccombenza del contribuente in primo grado o in appello (o comunque nell’ultima pronuncia giurisdizionale non cautelare resa);
3) il 30 per cento del valore della lite nel caso in cui il ricorso penda ancora in primo grado (senza che sia stata resa alcuna pronuncia giurisdizionale non cautelare).
Modalità
a) Le somme dovute vanno versate entro il 30 novembre 2011 in unica soluzione;
b) la domanda di definizione va presentata entro il 31 marzo 2012;
c) le liti fiscali che possono essere definite sono sospese fino al 30 giugno 2012. Sono altresì sospesi, sino al 30 giugno 2012 i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio.
La norma nulla dice intorno al regime dei ricorsi in relazione ai quali sia già stata fissata l’udienza di trattazione.
L’art.16 della legge n.289 del 2002 prevedeva che tali procedimenti fossero sospesi solo in caso di richiesta da parte del contribuente.
A chi scrive, la previsione sembra applicabile anche al nuovo condono in virtù del richiamo generico alle disposizioni dell’art.16.
Allo stesso modo, dovrebbe ritenersi applicabile la possibilità per il contribuente, sempre prevista dall’art.16 citato, di richiedere la trattazione del ricorso (così in sostanza rinunciando alla sospensione).
d) gli uffici competenti devono trasmettere alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello nonché alla Corte di cassazione, entro il 15 luglio 2012, un elenco delle liti pendenti per le quali è stata presentata domanda di definizione. Tali liti sono sospese fino al 30 settembre 2012. La comunicazione degli uffici attestante la regolarità della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto deve essere depositata entro il 30 settembre 2012. Entro la stessa data deve essere comunicato e notificato l’eventuale diniego della definizione;
e) restano comunque dovute per intero le somme relative al recupero di aiuti di Stato illegittimi;
f) con uno o più provvedimenti del direttore dell’agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di versamento, di presentazione della domanda di definizione ed ogni altra disposizione applicativa.
La nozione di lite pendente.
L’art. 16 comma 3 lettera a) della legge n.289 definisce la lite pendente come “quella in cui è parte l’Amministrazione finanziaria dello Stato avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge, è stato proposto l’atto introduttivo del giudizio, nonché quella per la quale l’atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato. Si intende, comunque, pendente la lite per la quale, alla data del 29 settembre 2002, non sia intervenuta sentenza passata in giudicato”;
Il valore della lite da assumere a base del calcolo per la definizione, è pari all’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento.
Rileva invece il valore dell’importo delle sanzioni, qualora il giudizio concerna l’impugnazione delle sole sanzioni medesime.
Il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso indicati.
Dalle somme dovute vanno scomputati gli importi delle somme eventualmente versate a titolo provvisorio. In caso di eventuale eccedenza di quanto dovuto in confronto a quanto già versato, non si ha diritto al rimborso.
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