Com’è noto, la comunione non conosce il favore dell’ordinamento (che, infatti, implicitamente le attribuisce carattere di transitorietà), perché in caso di contitolarità di un diritto “è inevitabile, e comunque frequente, l’insorgenza di dissidi fra i vari contitolari; il rischio di astensione da utili iniziative, pregiudizievoli alla produttività del bene comune; l’intralcio alla libera circolazione dei beni”[1]. […]
Conseguentemente, “il nostro ordinamento batte con tenacia tutte le possibili vie per rendere facile, allettante, lo scioglimento della comunione”, così tanto che il diritto allo scioglimento pare rispondere ad un “principio di ordine pubblico”[2].
Così, nel caso di comunione ereditaria, ove gli eredi non raggiungano un accordo sull’attribuzione in proprietà individuale del bene comune[3], si prospetta la seguente alternativa, a seconda che il bene stesso sia o meno “comodamente divisibile”[4]: nel caso in cui l’immobile sia “indivisibile”, questo dovrà vendersi all’asta per poterne poi ripartire il prezzo tra i condividenti, mentre nel caso in cui sia “divisibile” ciascun erede sarà libero di vendere la propria quota nel rispetto dell’art. 732 c.c.[5].
In entrambe le ipotesi, si farà comunque luogo alla divisione giudiziale[6], cioè a quel “complesso di operazioni giuridiche che sfociano nello scioglimento di una comunione di diritti attraverso l’attribuzione, ad ogni condividente, di valori corrispondenti alle quote di cui è titolare”[7].
Ma, quando può dirsi che un bene immobile sia, o non sia, “comodamente divisibile”?
Al riguardo, la dottrina e la giurisprudenza ritengono che una divisione può risultare incomoda se l’immobile non può frazionarsi in parti corrispondenti al numero o al valore delle quote dei condividenti od anche ciò possa avvenire solo mediante l’imposizione di limitazioni eccessive, lavori complessi e pertanto eccessivamente dispendiosi[8] in relazione ai risultati raggiungibili[9].
E, a tal proposito, si ricorda che l’accertamento della comoda (o non comoda) divisibilità dell’immobile è rimesso, volta per volta, “alla valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato della Cassazione se correttamente motivata”[10].
§ 2. Cenni sul procedimento.
Secondo l’art. 713 c.c., “i coeredi possono sempre domandare la divisione”, e quindi anche nel caso in cui un condividente si trovi in stato di incapacità[11], ed ancorché il bene da dividere abbia “ad oggetto la casa coniugale”[12].
In particolare, “lo stato di comunione ereditaria può essere fatto cessare da ciascuno degli eredi con l’actio communi dividendo”[13], la quale è un’azione giudiziaria, personale ed imprescrittibile, avente per oggetto il diritto potestativo allo scioglimento di una comunione ereditaria, e che presuppone la qualità di erede nell’attore e nei convenuti[14].
Ovviamente, la divisione non è necessaria ove, ex art. 720 c.c., si faccia luogo all’attribuzione unitaria del bene[15], poiché la vendita a terzi costituisce “l’estrema alternativa, alla quale la legge consente di far ricorso”[16], nel caso in cui nessuno dei condividenti richieda (o sia comunque disposto ad accettare) l’assegnazione unitaria del bene non divisibile[17]: “ciò, nello stesso interesse dei condividenti, poiché mentre l’attribuzione (per intero) è fatta in base al valore di stima eseguita con criteri obiettivi, nel caso invece di vendita, a beneficio dei coeredi va il prezzo che non sempre corrisponde al reale valore della cosa, per i rischi che l’asta comporta”[18].
Ciò detto, è possibile ora soffermarsi su alcuni dettagli della procedura:
1) Ex art. 22 c.p.c., è competente il giudice del luogo dell’aperta successione[19].
2) La domanda introduttiva del giudizio è una citazione[20].
3) Si tratta di un procedimento di volontaria giurisdizione in cui possono innestarsi procedimenti contenziosi di ordine vario, e la cui disciplina è contenuta negli artt. 784 e ss. c.p.c.[21].
4) Tutti i coeredi sono litisconsorzi necessari[22].
5) Anche nel processo divisorio è applicabile l’istituto della contumacia[23].
6) La pronuncia del giudice ha carattere meramente dichiarativo ed efficacia retroattiva[24].
7) È possibile chiedere lo scioglimento parziale della comunione ereditaria (e, quindi, limitatamente ad un solo immobile anche nel caso in cui ve ne fossero altri in comunione ereditaria)[25].
Nel caso in cui l’immobile sia “non comodamente divisibile”:
8) Il Giudice dispone la vendita all’incanto[26] dell’immobile ex artt. 788 e 576 c.p.c., alle modalità determinate dallo stesso Giudice[27] in caso di mancato accordo delle parti[28], ed anche attraverso il deferimento delle operazioni ad un notaio ex art. 730 c.c.[29].
9) Il prezzo ricavato dalla vendita dovrà distribuirsi tra i condividenti, secondo le rispettive quote[30].
Nel caso in cui l’immobile sia invece “comodamente divisibile”:
8) Lo scioglimento della comunione ereditaria avverrà mediante frazionamento dell’immobile[31], attraverso la predisposizione – anche con l’ausilio di un notaio[32] – del progetto di divisione, e quindi l’assegnazione delle porzioni dell’immobile tra le parti[33] secondo le rispettive quote[34].
9) Si precisa che è sempre possibile (oltre che opportuna) la nomina di un esperto ex art. 194 disp. att. c.p.c.[35].
Si sottolinea, inoltre, che “è ormai consolidato in giurisprudenza l’orientamento secondo cui le spese processuali nei giudizi di divisione devono essere poste a carico di tutti i condividenti in proporzione delle rispettive quote”[36].
Quanto, infine, agli onorari, si sottolinea che “nei giudizi di divisione di immobili, il valore della controversia per stabilire gli onorari non è indeterminabile ma coincidente con il valore della quota, tanto più se è determinata dal c.t.u.”[37].
NOTE:
[1] Bonilini, voce: Divisione, in Digesto delle Discipline Privatistiche, pag. 482.
[2] Casulli, voce: Divisione ereditaria (diritto civile), in Novissimo Digesto Italiano, pag. 42.
[3] Cfr. Cendon, Le successioni, Vol. IV, Le divisioni, pagg. 35-6. Cfr., altresì, Bonilini, voce: Divisione, in Digesto delle Discipline Privatistiche, pag. 483, secondo cui “la divisione può essere attuata, dagli aventi diritto, attraverso una pluralità di modi: invero, lo scioglimento può avvenire o per contratto o mediante giudizio divisorio”. Sulla divisione contrattuale, v. M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 191 e ss.
[4] Su tale ultimo concetto, v. oltre.
[5] M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 336 e ss.
[6] Sul giudizio divisorio, v. ampiamente Pavanini, voce: Divisione giudiziale, in Enciclopedia del Diritto, pagg. 439-481.
[7] Bonilini, voce: Divisione, in Digesto delle Discipline Privatistiche, pag. 484, il quale aggiunge che “la quota è la misura di partecipazione e, con la divisione, ciascun compartecipe trova riconosciuta la titolarità solitaria di una porzione di bene, prima comune, in proporzione alla quota”.
[8] La rilevanza della spesa va ovviamente valutata in proporzione al valore dell’immobile: Cass. 1/2/1995 n. 1158; Cass. 11/3/1997 n. 2170; Cass. 28/10/1976 n. 3976.
[9] In dottrina, v. M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 329.
In giurisprudenza, Cass. 10/5/1980 n. 3072; Cass. 22/10/1981 n. 5536; Cass. 11/3/1997 n. 2170; Cass. 27/6/1996 n. 5947; Cass. 16/2/1973 n. 488; Cass. 261/, 4369, del 1995.
[10] V., per tutte, Cass. 2/2/1995 n. 1260.
[11] Cfr. Bonilini, voce: Divisione, in Digesto delle Discipline Privatistiche, pag. 488; Cendon, Le successioni, Vol. IV, Le divisioni, pag. 26; Azzariti, Divisione ereditaria, in Trattato di diritto privato (diretto da P. Rescigno), IIa edizione, vol. 6, pag. 400; M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 162 e ss, secondo il quale, a pag. 178 e ss., il giudice non può sospendere la divisione per incapacità di un condividente. In giurisprudenza, v. Pretura Pontassieve 19 febbraio 1981.
[12] Trib. Monza 3 giugno 1993, Corte Appello Firenze 6 novembre 1992.
[13] Azzariti, Divisione ereditaria, in Trattato di diritto privato (diretto da P. Rescigno), IIa edizione, vol. 6, pag. 394 e ss. V., altresì, M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 128, secondo cui “il legislatore apparentemente prevede due forme di divisione: da un lato, la divisione ordinaria denominata ‘divisione delle cose comuni’ (art. 1116 c.c.); dall’altro lato, la divisione ereditaria (artt. 713-736 c.c.); in realtà, la divisione è una sola, quella ordinaria, rispetto alla quale la divisione ereditaria si trova nello stesso rapporto di species a genus che intercorre tra comunione ordinaria e comunione ereditaria”.
[14] Casulli, voce: Divisione ereditaria (diritto civile), in Novissimo Digesto Italiano, pag. 45; Azzariti, Divisione ereditaria, in Trattato di diritto privato (diretto da P. Rescigno), IIa edizione, vol. 6, pag. 394 e ss.; M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 170; Bonilini, voce: Divisione, in Digesto delle Discipline Privatistiche, pag. 486.
[15] M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 326. In giurisprudenza, cfr. Cass. 1/7/1995 n. 7588; Cass. 1/3/95 n. 2335; Cass. 31/5/1980 n. 4251; Cass. 17/5/1973 n. 1047.
[16] Cass. 18/8/1981 n. 4938; Cass. 18/1/1982 n. 320.
[17] Cass. 11/5/1995 n. 5133; Cass. 19/3/1996 n. 2296.
[18] M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 327. In giurisprudenza, Cass. 16/5/1962 n. 582; Cass. 9/2/1963 n. 247; Cass. 1/7/1995 n. 7588.
[19] Cfr. Cendon, Le successioni, Vol. IV, Le divisioni, pag. 76. V., altresì, M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 250.
[20] Cfr. Cendon, Le successioni, Vol. IV, Le divisioni, pag. 75; M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 246; Tomei, voce: Divisione Giudiziale, in Enciclopedia Giuridica Treccani, pagg. 1 e 4.
[21] Sull’applicabilità di tale procedimento ad hoc, v., per tutti, Casulli, voce: Divisione ereditaria (diritto civile), in Novissimo Digesto Italiano, pag. 45.
[22] In arg., cfr. Cass. n. 543/1986.
[23] Cfr. M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 246.
[24] Azzariti, Divisione ereditaria, in Trattato di diritto privato (diretto da P. Rescigno), IIa edizione, vol. 6, pag. 467, nonché Bonilini, voce: Divisione, in Digesto delle Discipline Privatistiche, pag.485. Dello stesso avviso M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 131 e ss., il quale – pur ribadendo il prevalente orientamento dichiarativo (anche della giurisprudenza) – non manca di sottolineare che secondo altri la divisione ha carattere costitutivo.
[25] Cfr. Costa, voce: Divisorio (giudizio), in Novissimo Digesto Italiano, pag. 59, secondo cui “il giudizio di divisione è un giudizio tendente allo scioglimento della comunione con formazione delle quote”.
[26] Cfr. Cendon, Le successioni, Vol. IV, Le divisioni, pag. 75, secondo cui “è dubbio se la domanda di scioglimento della comunione di bene indivisibile comprende implicitamente anche la domanda di vendita all’asta del bene”. V., inoltre, M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 256 e ss., secondo cui per la fase attuativa della divisione trovano applicazione le norme in tema di vendita nell’esecuzione forzata (artt. 534 e 576 c.p.c. e ss.).
[27] ex art. 721 c.c.
[28] In ordine ai patti e condizioni della vendita, l’art. 721 c.c. dispone che “qualora non siano concordati dai condividenti, sono stabiliti dall’autorità giudiziaria” (in primo luogo, sono gli stessi compartecipi a poter stabilire le modalità dell’alienazione, optando, ad esempio per la trattativa privata ove abbiano interesse ad evitare la pubblicità all’incanto. Quando l’accordo non è raggiunto, la vendita deve essere eseguita al pubblico incanto ex art. 576 c.p.c. e ss., secondo le direttive impartite dall’autorità giudiziaria (Cass. 1/3/95 n. 2335; Cass. 4/5/94 n. 597) con possibilità di delega al notaio. In tal caso, si ritiene necessaria procura alle liti ad hoc: cfr., sul punto, M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, ultima pagina fotocopie; a pag. 267 e ss. lo stesso autore evidenzia che in caso di accordo delle parti il giudice provvede con ordinanza ex art. 789 c.p.c., diversamente, provvede con sentenza.
[29] Cfr. M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 306 e ss., secondo cui “la delega al notaio prescinde dal consenso delle parti” ed il processo divisorio notarile “deve comunque essere approvato dal G.I. con decreto o sentenza, a seconda che siano sorte o meno contestazioni delle parti”.
[30] V. Cass. n. 5462/86, secondo cui “chi agisce in giudizio per lo scioglimento della comunione tende sia all’effetto strumentale della cessazione dello stato giuridico della comunione, sia all’effetto finale della attribuzione in suo favore della porzione cui abbia diritto, ma di tali effetti, mentre il primo è strettamente connesso all’esercizio del diritto potestativo alla divisione nelle forme della domanda giudiziale, il secondo prescinde dalla richiesta della parte in quanto il giudice provvede in modo autonomo a determinare le porzioni e ad attribuirle ai condividenti, esercitando i propri poteri discrezionali, indipendentemente dalle indicazioni contenute nella domanda in merito alle concrete modalità di attuazione delle operazioni divisionali, ancorché tali manifestazioni possono influire sull’andamento delle operazioni”.
[31] Cfr. Cass. 4240/99, secondo cui “la domanda di frazionamento di un bene differisce da quella di divisione del bene stesso: la prima ha infatti ad oggetto la redazione di un documento tecnico indicante le particelle catastali frazionate, al fine della voltura catastale; la seconda ha ad oggetto lo scioglimento della comunione”.
[32] ex art. 791 c.p.c.
[33] V., Gazzarra, voce: Divisione ereditaria (dir. priv.), in Enciclopedia del Diritto, pag. 435, secondo cui “il processo verbale di attribuzione approvato dal G.I. costituisce
titolo esecutivo per il conseguimento delle quote”. Cfr., altresì, Cendon, Le successioni, Vol. IV, Le divisioni, pag. 86. V., altresì, Cass. n. 5591/1981, secondo cui “nella divisione ereditaria, il valore dei beni deve essere accertato con riferimento al tempo in cui vengono compiute le operazioni divisionali”. V., altresì, M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 493, secondo cui “lo scioglimento della comunione attraverso l’apporzionamento si risolve, per il compartecipe nell’acquisto del diritto di proprietà esclusiva sui beni componenti la porzione in concreto attribuitagli, e tale effetto retroagisce al momento dell’apertura della successione per espresso disposto dell’art. 757 c.c.”.
[34] Cfr. M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 478 e ss., che fa cenno al “diritto alla divisione in natura”, dato che “ex art. 718 c.c. ciascun coerede può chiedere la sua parte in natura dei beni mobili ed immobili dell’eredità”. V., altresì, Gazzarra, voce: Divisione ereditaria (dir. priv.), in Enciclopedia del Diritto, pag. 431.
[35] Sulla indispensabilità della nomina del perito, nonché sull’opportunità che le operazioni divisionali siano delegate ad un Notaio, v. Tomei, voce: Divisione Giudiziale, in Enciclopedia Giuridica Treccani, pag. 6.
[36] Cfr. M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 271 e ss., nonché pag. 517 e ss. V., pure, Cendon, Le successioni, Vol. IV, Le divisioni, pag. 88. Inoltre, a pag. 198 si legge: “le divisioni sono soggette, in ogni caso, all’imposta di registro; esse, infatti, essendo atti meramente dichiarativi, si pongono fuori dal campo di applicazione dell’IVA (non sono soggette ad IVA)”. A pag. 203 dello stesso testo appena citato, infine, si legge che, quando la divisione comprende beni immobili, essa viene soggetta anche all’imposta ipotecaria ed a quella catastale; la materia è ora regolata dal nuovo testo unico approvato con d.lg. 346/90. Ciò, secondo M. R. Morelli, La comunione e la divisione ereditaria, in Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, 1998, pag. 526, vale anche in caso di divisione parziaria, perché “ogni atto di divisione parziaria deve considerarsi autonomo”. Sulla disciplina Tributaria della divisione, v. Ferrara, voce: Divisione Tributaria, in Enciclopedia Giuridica Treccani, pag. 1 e ss.
[37] V. Cass. n. 2605/99.
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