Com’è noto, il deposito di un atto giudiziario tramite PCT genera quattro distinte PEC di ricevuta:
1) la prima PEC è la Ricevuta di accettazione, la quale attesta che l’invio è stato, appunto, accettato dal sistema per l’inoltro all’ufficio destinatario
2) la seconda PEC è la Ricevuta di consegna, la quale attesta che l’invio è stato, appunto, consegnato nella casella di posta dell’ufficio destinatario. Tale PEC è quella che rileva ai fini della tempestività del deposito, il quale si considera appunto perfezionato in tale momento ((Art. 16-bis, co. 7, decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221), introdotto dall’art. 1, co. 19, Legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013); cfr. pure l’art. 13 DM 44/2011.)), seppur con effetto (così anticipato, ma) provvisorio rispetto all’ultima PEC, cioè subordinatamente al buon fine dell’intero procedimento di deposito, che è quindi a formazione progressiva
3) la terza PEC attesta l’esito controlli automatici del deposito, che riguardano ((Art. 14 Provv. Giustizia 18/7/2011 – ccdd. Specifiche tecniche, emanato in attuazione del DM Giustizia n. 44/2011 – ccdd Regole tecniche o Regolamento come mod. dai ddmm 209/12 e 48/13.)):
– l’indirizzo del mittente, che deve essere censito in ReGIndE;
– il formato del messaggio, che deve essere aderente alle specifiche;
– la dimensione del messaggio, che non deve eccedere la dimensione massima consentita (30 MB)
All’esito dei suddetti controlli, possono esservi le seguenti anomalie, subito segnalate al depositante ((Art. 14 cit..)):
a) WARN: anomalia non bloccante; si tratta in sostanza di segnalazioni, tipicamente di carattere giuridico (ad esempio manca la procura alle liti allegata all’atto introduttivo);
b) ERROR: anomalia bloccante, ma lasciata alla determinazione dell’ufficio ricevente, che può decidere di intervenire forzando l’accettazione o rifiutando il deposito (esempio: certificato di firma non valido o mittente non firmatario dell’atto);
c) FATAL: eccezione non gestita o non gestibile (esempio: impossibile decifrare la busta depositata o elementi della busta mancanti ma fondamentali per l’elaborazione).
4) la quarta PEC attesta l’esito del controllo manuale del Cancelliere, ovvero se il deposito è stato accettato o meno dalla Cancelleria. Tale intervento manuale ha evidentemente ad oggetto l’esame (ad esito discrezionale) dell’anomalia (forzabile) sub lett. b) (ERROR), nonché quella di cui alla lett. c) (FATAL) di cui sopra. Con tale accettazione, e solo a seguito di essa, si consolida l’effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC e, inoltre, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti.
Proprio con riferimento a questa quarta PEC, l’accettazione manuale del Cancelliere richiede ovviamente del tempo e, in considerazione delle modeste risorse di personale delle Cancellerie, tale accettazione può intervenire a distanza di tempo dall’invio dell’atto; in alcuni tribunali, a volte, trascorrono fino a 14 giorni, con il seguente duplice effetto pregiudizievole:
– PER IL DEPOSITANTE, il quale non ha tempestivamente contezza del fatto che il deposito sia (definitivamente) andato a buon fine, così da provvedere eventualmente ad un nuovo deposito nei termini;
– PER LA CONTROPARTE, la quale prende visione del deposito in ritardo (il che è particolarmente rilevante nel caso di successivo termine per replica, come ad esempio nel caso di memorie ex art. 183 co. 6 n. 3, ovvero di repliche ex art. 190 cpc).
(l’immagine è tratta da qui)
Al fine di evitare tali disguidi (è un eufemismo), occorre quindi chiedersi se tale accettazione possa essere eventualmente automatica.
Ma, prima ancora, occorre anzitutto domandarsi se debba davvero essere manuale, ovvero se -anche avuto riguardo alla gerarchia delle fonti- sia davvero consentito al Cancelliere sindacare il deposito dell’atto entrando nel merito dello stesso, fino al punto di rifiutarlo, manco fosse il giudice, in una sorta di rigetto de facto per inammissibilità.
Per l’accennata gerarchia delle fonti, a tal fine sono ovviamente irrilevanti le predette fonti secondarie (regolamento e specifiche tecniche), le quali possono essere solo conformi e attuative delle norme primarie ((Ai sensi dell’art. 1, co. 2, L. n. 311/75 “In conformita’ dei codici e delle altre leggi vigenti, il personale di cancelleria forma e riceve gli atti giudiziari e pubblici concernenti il proprio ufficio, ne controlla la regolarità formale e li conserva in deposito”. Si deve appunto trattare di conformità “ai codici e alle altre leggi vigenti”, e non a dei (meri) regolamenti. Allo stesso modo, non mi pare sufficiente a legittimare un tale rifiuto del cancelliere, il fatto che la legge gli attribuisca alcune funzioni di controllo sulla regolarità del deposito senza tuttavia nel contempo ESPRESSAMENTE prevedere che, ove detto controllo sortisca effetto negativo, possa rifiutare il deposito: allo stesso modo, infatti, anche al giudice è attributo il potere di dirigere l’udienza (art. 127 cpc), ma da tale disposizione non può senz’altro ricavarsi il potere del giudice di estromettere dal processo la parte che non rispetti le sue direttive d’udienza, ove tale potere di estromissione non sia ESPRESSAMENTE previsto.)).
A queste ultime bisogna allora guardare per stabilire se sia davvero consentito, per il cancelliere, il rifiuto del deposito, il quale richiede infatti una previsione normativa e non certo regolamentare.
Ebbene, va anzitutto escluso che tale sindacato possa riguardare la verifica del pagamento del contributo unificato ((La circolare 26 febbraio 2002 senza numero del Consiglio di Stato ha precisato che gli uffici non possono rifiutare l’accettazione del ricorso qualora non risultino osservate le norme sul contributo unificato; nello stesso senso, la circolare 12 marzo 2002 n 2, Min. Giust. Dip, Aff. Giustizia che ha espressamente erscluso la sanzione della irricevibilità per il caso di omesso pagamento del contributo, che si esponeva a rischi di illegittimità costituzionale.)) ed aspetti di regolarità fiscale in genere (bolli, marche, ecc.) ((L’art. 299 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 ha infatti abrogato l’art. 38 disp.att.cpc, il quale così recitava: Deposito di cancelleria della parte che si costituisce – «[I]. La parte che prima si costituisce in giudizio, che deposita in cancelleria il ricorso o il controricorso, o che fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati, oltre i depositi specificamente previsti dalla legge, deve consegnare al cancelliere la carta bollata per lo svolgimento del procedimento e una somma per spese di cancelleria che il capo di ciascun ufficio giudiziario fissa con disposizione generale o con provvedimento speciale. [II]. Il cancelliere deve rifiutare di ricevere gli atti che non sono accompagnati dai depositi di cui al comma precedente. [III]. Quando nel corso del procedimento ne ravvisa la necessità, il cancelliere può chiedere alla parte e al difensore di essa l’integrazione dei depositi. [IV]. La parte e il suo difensore sono tenuti in solido a soddisfare la richiesta del cancelliere. In mancanza il capo dell’ufficio giudiziario ordina il deposito con decreto che costituisce titolo esecutivo contro la parte e il suo difensore».)).
Invece, a quanto consta dall’esame della normativa primaria e codicistica, il Cancelliere può (legittimamente) rifiutare il deposito nei soli casi previsti dall’art. 73 disp. att. c.p.c. (in combinato disposto con l’art. 168 cpc), ovvero quando il deposito stesso manchi di uno degli atti giudiziari di parte.
Non senza un certo sforzo interpretativo, tale fattispecie codicistica può allora adattarsi all’ipotesi in cui la busta telematica sia affetta da un “errore fatale” nel senso sopra chiarito, ovvero allorché essa sia impossibile da decifrare, in tutto o in parte: fattispecie, questa, interpretativamente riconducibile alla fattispecie disciplinata dall’art. 73 cit., e quindi legittimante il rifiuto del deposito da parte del Cancelliere.
Di nessuna giustificazione normativa, invece, gode il rifiuto (discrezionale) del cancelliere per l’ipotesi di errore dovuto ad “anomalia bloccante” che il cancelliere può forzare accettando comunque il deposito: le ipotesi di tale anomalia, come ad esempio l’assenza di firma dell’atto depositato, travalicano infatti i limiti e le attribuzioni del cancelliere, essendo di esclusiva competenza del giudice ((In arg. cfr., per tutte, Cass. n. 6262/2012, secondo cui l’assenza di sottoscrizione degli atti di parte, così come previsto dall’art. 125 cpc, è causa di nullità (e non di inesistenza), la quale non può ovviamente essere dichiarata dal Cancelliere.)). Tali rifiuti, pertanto, pur se previsti dalla regolamentazione del PCT, devono ritenersi illegittimi.
Ciò detto, occorre infine chiedersi se, de jure condendo, l’accettazione manuale del cancelliere sia davvero indispensabile al buon funzionamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) e, in particolare, del PCT.
Al quesito mi pare debba darsi senz’altro risposta negativa.
La verifica manuale del depositato è senz’altro opportuna in ambito cartaceo per la (presuntivamente) corretta formazione del fascicolo d’ufficio con particolar riferimento agli atti ed ai documenti ivi depositati ((Cfr. Cassazione civile, sez. I, 19/11/1999, n. 12858; Cassazione civile, sez. I, 17/05/1986, n. 3271.)), mentre tale esigenza non sussiste con riferimento al fascicolo telematico, il cui contenuto è sempre verificabile dal giudice anche dopo il deposito, con tutte le conseguenti decisioni per le ipotesi di erronea formazione dello stesso da parte dei soggetti processuali. Ben può ammettersi quindi, anche da un punto di vista tecnico ((Anche per quanto riguarda la leggibilità della busta e dei singoli allegati, tale verifica è effettuabile tramite un semplice script.)), che l’accettazione telematica della busta avvenga sempre in modo automatico, fermo restando il potere del giudice di sindacarne in ogni tempo il merito, anche da un punto di vista formale.
Tale automazione eliminerebbe in radice, oltre agli accennati cronici problemi di carenza del personale di cancelleria, anche i conseguenti problemi legati ai tempi di accettazione manuale, per i casi in cui, ovviamente, il codice la preveda ed ammetta, non essendo all’uopo sufficiente, come detto, una (mera) norma regolamentare secondaria.